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Laici

V. Giovanni Battista Jossa 1767/1828

B. Bartolo Longo 1841/ 1926

S.Giuseppe Moscati  1880/1927

 

Giovan Battista Jossa

Giovanni Battista Jossa

Il venerabile Giovanni Battista Jossa, terziario agostiniano, nasce a Napoli il 21 gennaio 1767. Fu nominato ben presto, quando aveva tredici anni, usciere del tribunale di Napoli: ciò fu fatto sia in onore al padre, che aveva l’ufficio di custode presso il supremo tribunale di Napoli, ma soprattutto per la numerosa famiglia, di cui il venerabile, primo di sette fratelli, era divenuto capo.
Egli compì così bene il suo dovere che fu eletto tesoriere della comunità degli uscieri del tribunale, come il più idoneo di tutti al delicato ufficio.
Nel 1799 Napoli fu occupata dalle truppe francesi e nasceva la cosiddetta Repubblica Partenopea: iniziava così anche un periodo di persecuzione per la Chiesa napoletana. Il venerabile, non volendo prestare il giuramento civile, perdette il posto. A chi gli domandava come avrebbe ora provveduto alle necessità della vita rispondeva: “Farò l’usciere di Gesù Cristo!”.
Si fece terziario agostiniano. Scrive Luigi Vannicelli: «Si distinse nell’amore del prossimo e nelle opere di misericordia spirituali e corporali: mendicava [il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo, ha scritto don Giussani] per i poveri, gli infermi, gli orfani ed i carcerati e chiedendo l’elemosina diceva: “Orsù, date; la carità non ha mai impoverito nessuno”. Visitava, serviva, curava gli infermi, ne medicava le piaghe e si adoperava per far loro amministrare i santi sacramenti. Per essere più vicino agli ammalati ottenne una cameretta all’Ospedale degli Incurabili. Visitava i carcerati delle cinque carceri di Napoli, particolarmente quelli del Mandrullo come i più poveri, cenciosi e derelitti… Sentiva tenerezza per gli orfani; a quelli che si meravigliavano e giudicavano eccessiva la sua carità, egli soleva dire: “Se veniste con me negli ospedali e nelle carceri, trovereste la stessa persona di Gesù Cristo».
Colpito da una orribile malattia (probabilmente una forma di tumore), che egli stesso aveva chiesto a Dio per essere simile a Gesù sofferente, morì il 4 luglio 1828. Fu sepolto nella chiesa di S. Agostino alla Zecca presso gli Agostiniani, come aveva desiderato. Mi scrive il sig. Luigi Jossa nella citata lettera: “Le Sue spoglie erano conservate nella monumentale Chiesa di S. Agostino alla Zecca, chiusa dal 1980 a causa del terremoto… Nel rione di S. Arcangelo a Baiano, ove si trova la suddetta Chiesa, la fama del Venerabile era diffusa ed il Suo culto molto sentito. I Padri Agostiniani di Napoli (postulatori della causa di beatificazione), nel marzo scorso, hanno traslato le spoglie del Venerabile nella Chiesa di S. Maria del Buon Consiglio in Via Girolamo Santacroce per consentire la devozione da parte dei fedeli al culto del Venerabile e per alimentarla con nuovi fedeli nella Napoli collinare”.
Infine, segnalo ai lettori la biografia intitolata “Nel segno della virtù” su Giovanni Battista Jossa scritta da un altro discendente del Venerabile, il Prof. Antonio Jossa Fasano.

B.Bartolo Longo

Beato Bartolo Longo Laico fondatore

5 ottobre

Latiano, Brindisi, 10 Febbraio 1841 - Valle di Pompei, 5 Ottobre 1926

Inviato poi a Napoli per studiarvi Diritto, nel quale si laureò, vi perdette la fede e si irretì nelle oscure pratiche dello spiritismo. Ma i richiami della coscienza e il saggio consiglio di un vero amico, lo condussero ai piedi del Padre Radente, dotto e santo Domenicano, che rianimò in quell’anima lo slanciò per le vie dell’eroismo cristiano, animando in lui la propagazione della devozione al S. Rosario, da cui poi è sbocciato il santuario di Pompei. Fu ancora Padre Radente che lo aggregò al Terz’Ordine di San Domenico, di cui il Longo visse tutto lo spirito. Unitosi in matrimonio ad un’altra anima eletta, la Contessa De Fusco, per cinquant’anni vissero insieme in angelica unione di anima, solo consacrati ad un santo ideale. Sostenuto dal miracoloso intervento di Maria, e da un ardentissima fede, nel 1876 Longo poté far sorgere Pompei, la città del miracolo, con le grandiose opere di beneficenza alimentate dai prodigi della Vergine. Fino all’ultimo egli scrisse, pregò, lavorò instancabile per la sua dolce Regina e Signora.

Etimologia: Bartolo = figlio del valoroso, dall'aramaico

Martirologio Romano: A Pompei presso Napoli, beato Bartolomeo Longo: avvocato dedito al culto mariano e all’istruzione cristiana dei contadini e dei fanciulli, fondò, con l’aiuto della pia moglie, il santuario del Rosario a Pompei e la Congregazione delle Suore che porta lo stesso titolo

La Madonna del Rosario ha un culto molto antico; si risale all’epoca dell’istituzione dei domenicani (XII secolo), i quali furono i maggiori propagatori del culto del S. Rosario. La devozione della recita del rosario, chiamato anche ‘Salterio’, ebbe larga diffusione per la facilità con cui si poteva pregare; fu chiamato il Vangelo dei poveri, che in massima parte non sapevano leggere, perché dava il modo di poter pregare e nello stesso tempo meditare i misteri cristiani, senza la necessità di leggere un testo.
I misteri contemplati nella recita del Rosario sono ora venti, cinque gaudiosi, cinque della luce, cinque dolorosi, cinque gloriosi; per ogni mistero si recita un Padre Nostro, dieci Ave Maria e un Gloria al Padre; alla fine dei cinque misteri si conclude con la preghiera del Salve Regina.
Alla protezione della Vergine del Rosario, fu attribuita la vittoria della flotta cristiana sui turchi musulmani, avvenuta a Lepanto nel 1571. A seguito di ciò, il papa s. Pio V (1504-1572), istituì dal 1572 la festa del Santo Rosario, alla prima domenica di ottobre, che poi dal 1913 è stata spostata al 7 ottobre.
Il culto per il S. Rosario ebbe un’ulteriore diffusione dopo le apparizioni di Lourdes del 1858, dove la Vergine raccomandò la pratica di questa devozione. La Madonna del Rosario, ebbe nei secoli una vasta gamma di raffigurazioni artistiche, quadri, affreschi, statue, di solito seduta in trono con il Bambino in braccio, in atto di mostrare o dare la corona del Rosario; la più conosciuta è quella che oltre quanto detto, si vede la corona data a S. Caterina da Siena e a s. Domenico Guzman, inginocchiati ai lati del trono.
Ed è uno di questi quadri che ha dato vita alla devozione tutta mariana di Pompei; a questo punto bisogna parlare dell’iniziatore di questo culto, il beato Bartolo Longo.
L’avvocato Bartolo Longo nacque a Latiano (Brindisi) il 10 febbraio 1841, di temperamento esuberante, da giovane si dedicò al ballo, alla scherma ed alla musica; intraprese gli studi superiori in forma privata a Lecce; dopo l’Unità d’Italia, nel 1863, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza nell’Università di Napoli.
Fu conquistato dallo spirito anticlericale che in quegli anni dominava nell’Ateneo napoletano, al punto da partecipare a manifestazioni contro il clero e il papa. Dubbioso sulla religione, si lasciò attrarre dallo spiritismo, allora molto praticato a Napoli, fino a diventarne un sacerdote che celebrava i riti imitando quelli della Chiesa.
Per sua buona sorte era legato da una solida amicizia con il prof. Vincenzo Pepe, suo compaesano e uomo religiosissimo, il quale saputo del suo tormento interiore lo avvicinò, convincendolo ad avere contatti con il dotto domenicano padre Radente, che con i suoi consigli e la sua dottrina, lo ricondusse alla fede cattolica e alle pratiche religiose. 
Intanto il 12 dicembre 1864 si era laureato in Diritto, ritornò al paese natio e prese a dedicarsi ad una vita piena di carità e opere assistenziali; rinunziò al matrimonio, ricordando le parole del venerabile Emanuele Ribera redentorista: “Il Signore vuole da te grandi cose, sei destinato a compiere un’alta missione”.
Superati gli indugi, abbandonò la professione di avvocato, facendo voto di castità e ritornò a Napoli per dedicarsi in un campo più vasto alle opere di beneficenza; qui incontrò il beato padre Ludovico da Casoria, francescano, e la beata Caterina Volpicelli, due figure eminenti della santità cattolica dell’Ottocento napoletano, entrambi fondatori di Opere assistenziali e Congregazioni religiose, i quali lo consigliarono e indirizzarono ad una santa amicizia con la contessa Marianna De Fusco.
Da qui il beato Bartolo Longo ebbe una svolta decisiva per la sua vita, divenne compagno inseparabile nelle opere caritatevoli della contessa, che era vedova, inoltre divenne istitutore dei suoi figli e amministratore dei vasti beni. La loro convivenza diede adito a parecchi pettegolezzi, pur avendo il beneplacito dell’arcivescovo di Napoli cardinale Guglielmo Sanfelice; dopo un’udienza accordata loro da papa Leone XIII, il quale sollecitava una soluzione confacente, decisero di sposarsi nell’aprile 1885, con il proposito però di vivere come buoni amici, in amore fraterno, come avevano fatto fino allora.
La contessa De Fusco era proprietaria di terreni ed abitazioni nel territorio di Pompei e Bartolo Longo, come amministratore si recava spesso nella Valle; vedendo l’ignoranza religiosa in cui vivevano i contadini sparsi nella campagne, prese ad insegnare loro il catechismo, a pregare e specialmente a recitare il rosario.
Una pia suora, Maria Concetta de Litala, gli donò una vecchia tela raffigurante la Madonna del Rosario, molto rovinata; restauratala alla meglio, Bartolo Longo decise di portarla nella Valle di Pompei e lui stesso racconta, che nel tratto finale, poggiò il quadro per trasportarlo, su un carro, che faceva la spola dalla periferia della città alla campagna, trasportando letame, che allora veniva usato come concime nei campi.
Il 13 febbraio 1876, il quadro venne esposto nella piccola chiesetta parrocchiale, da quel giorno la Madonna elargì con abbondanza grazie e miracoli; la folla di pellegrini e devoti aumentò a tal punto che si rendeva necessario costruire una chiesa più grande.
Bartolo Longo su consiglio anche del vescovo di Nola, Formisano che era l’Ordinario del luogo, iniziò il 9 maggio 1876 la costruzione del tempio che terminò nel 1887. Il quadro della Madonna, dopo essere stato opportunamente restaurato, venne sistemato su un trono splendido; l’immagine poi verrà anche incoronata con un diadema d’oro, ornato da più di 700 pietre preziose e benedetto da papa Leone XIII.
La costruzione venne finanziata da innumerevoli offerte di denaro, proveniente da tante Associazioni del Rosario, sparse in tutta Italia, in breve divenne centro di grande spiritualità come lo è tuttora, fu elevata al grado di Santuario, centro del Sacramento della Confessione di milioni di fedeli, che si accostano alla santa Comunione in tutto l’anno. 
Il beato Bartolo Longo istituì per le opere sociali, un orfanotrofio femminile, affidandone la cura alle suore Domenicane Figlie del Rosario di Pompei, da lui fondate; ancora realizzò l’Istituto dei Figli dei Carcerati in controtendenza alle teorie di Lombroso, secondo cui i figli dei criminali sono per istinto destinati a delinquere; chiamò a dirigerli i Fratelli delle Scuole Cristiane.
Fondò nel 1884 il periodico “Il Rosario e la Nuova Pompei” che ancora oggi si stampa in centinaia di migliaia di copie, diffuse in tutto il mondo; la stampa era affidata alla tipografia da lui fondata per dare un avvenire ai suoi orfanelli; altre opere annesse sono asili, scuole, ospizi per anziani, ospedale, laboratori, Casa del pellegrino.
Il santuario fu ampliato nel 1933-39, con la costruzione di un massiccio campanile alto 80 metri, un poco isolato dal tempio, con 11 campane di cui la più grande è di 50 quintali, con ascensore interno per la visita panoramica fino alla cima, dove c’è una grande croce luminosa di sette metri, enormi statue in bronzo, alte 5-6 metri ciascuna, sono esterne al campanile posizionate a vari livelli di altezza.
Nel 1893 Bartolo Longo offrì al papa Leone XIII la proprietà del Santuario e di tutte le opere pompeiane, qualche anno più tardi rinunziò anche all’amministrazione che il papa gli aveva rimasta; l’interno è a croce latina, tutta lavorata in marmo, ori, mosaici dorati, quadri ottocenteschi, con immensa cripta, il trono della Vergine circondato da colonne, sulla crociera vi è l’enorme cupola di 57 metri tutta affrescata.
Bartolo Longo in un pubblico discorso, lasciò le onorificenze ricevute, ai suoi orfani e la raccomandazione di essere sepolto nel santuario vicino alla sua Madonna; morì il 5 ottobre del 1926 e come suo desiderio fu sepolto nella cripta, in cui riposa anche la contessa De Fusco.
Aveva trovato una zona paludosa e malsana, a causa dello straripamento del vicino fiume Sarno, abbandonata praticamente dal 1659, nonostante l’antica storia di Pompei, città di più di 20.000 abitanti nell’epoca romana, distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 24 agosto 79 d.C.
Alla sua morte lasciò una città ripopolata, salubre, tutta ruotante attorno al Santuario e alle sue numerose Opere, a cui poi si affiancò il turismo per i ritrovati scavi della città sepolta.
È sua l’iniziativa della Supplica, da lui compilata, alla Madonna del Rosario di Pompei che si recita solennemente e con gran concorso di fedeli, l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.
Bartolo Longo è stato beatificato il 26 ottobre 1980 da papa Giovanni Paolo II. Il santuario è basilica pontificia e come Loreto è sede di un vescovo (prelatura) con giurisdizione su Pompei. Papa Giovanni Paolo II vi si è recato in pellegrinaggio all’inizio del suo pontificato, nel 1979 e una seconda volta nel compimento dei suoi 25 anni di pontificato nel 2003, a concludere ai piedi di Maria l’anno del Rosario da lui indetto.


Autore: 
Antonio Borrelli

 

_________Bartolo Longo______________